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REMO PONTI / Fa!Remo... ascolteremo

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Fa!Remo...ascolteremo
“...sono stato un tempo fanciullo e fanciulla, albero e uccello e muto pesce del mare”.
Questo il frammento di scrittura Sulla natura o sulle origini, giunto a noi dalle sponde delle città greche di Sicilia, dove Empedocle con la voce dell’Occidente intona il canto.
Questa la radice.
Dice della condizione di tutti i gradi dei viventi e della loro continua metamorfosi sulla scala di passaggio del loro apparire nel tempo ed alla vita... incluso il cantore stesso, che vi appartiene sin dalla mineralità delle proprie ossa e che, come “parlante”, li sa e-vocare.
La memoria organica depositata nella vena compatta del legno o nella minerale durezza delle pietre, scelte da anonimi artigiani a far muro di sostegno, Remo Ponti la incontra in gradi di dura opposizione ai suoi strumenti di taglio (attrezzi che lui stesso forgia e adatta) e subito se ne sente partecipe.
Subito entra in azione, a rivelare la desiderante vigorìa che permea di sé le voci solide del sasso e del legno. Ogni incontro di legnoso intreccio o di pietra, è il discorso stesso delle forze generatrici e di quanto lo scorrere dei fenomeni vi ha lasciato impresso.
Ponti stabilisce senza indugi il contatto tra la propria presenza-corpo e l’energia di cui si fa responsabile custode, con dedizione ed in semplicità di cuore.
È questa la misura che gli permette di sentirsi incluso in quella componente originaria di forze che ospita tutti i possibili discorsi desiderati, dove, fin dall’inizio del suo lavoro, gli interlocutori sono le potenze della Terra dentro la comunità umana, di noi “parlanti”.
I due livelli – minerale e vegetale – sono in-vocati da Remo Ponti al ritmo del paziente battere, incidere, sfregare del suo instancabile lavoro. È la loro resistenza materiale che gli dà il tempo di modulare illuminazioni, di portare alla presenza il discorso di antiche metamorfosi che prendono figura simbolica, metaforica, mitologica, vestendosi di duro sasso o della flessuosa verga dell’edera, bianca, come la parola del poeta.
E il discorso convoca all’ascolto una comunità di umani, in bivacchi temporanei allestiti di volta in volta dalle parole di Remo: spezzoni di dialogo, flusso intermittente di un linguaggio che permette al singolo di essere com-preso... in una comunità, presente o possibile.
Il suo lavoro antepone il fare al comprendere, in una navigazione tra le diverse terre di un “arcipelago emotivo”, in quanto appunto umano; testimone di una gemmazione di figure-voci che si presentano scambiandosi i ruoli, ripresentandosi poi nella coralità in occasioni diverse... «se pietra e legno lo consentono, perché occorre convincerli, parlarci» dice Remo.
Ri-conoscere il mondo e dargli voce; ogni giorno e-vocare col lavorìo continuo, in dedizione, con l’andatura ispirata di una orazione convinta che rinnova domande... così Remo ne svela il canto dietro l’opaca apparenza del reale.
Ascolteremo dunque, perché il discorso è la casa comune, insegna il filosofo Carlo Sini: una volta catturato dalla compagnia di queste “voci”, non puoi che partecipare, in maniera irrevocabile, alla dialettica della “humanitas”.
Giuseppina Osio

Evento inserito dall'utente calistocafe

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